giovedì 25 giugno 2009

Il rifugio di Bitetto: una realtà tra speranza e vandalismo

Furti, lentezze amministrative e indifferenza i nemici di ogni giorno


Bitetto, 23 giugno – Una storia d’amore e d’impegno che dura da più di dieci anni per i volontari della Lega Nazionale del Cane di Bitetto, abituati ad affrontare quotidianamente i limiti di una mentalità forse ancora poco sensibile alla tematica ambientale ed animalista.

Rappresentante del direttivo regionale, Rodolfo Frassanito, non si è demoralizzato nel corso degli anni malgrado una diminuzione fisiologica (frutto delle notevoli difficoltà incontrate) del numero dei volontari impegnati per il rifugio di Bitetto. Tuttavia lancia un appello: manutenzione ordinaria e straordinaria necessaria al ripristino del canile sanitario e ampliamento della struttura. La grande amarezza riguarda la possibilità, finora negata, di poter sfruttare la già esistente ed attrezzata infermeria caduta in stato di semi-abbandono ufficialmente per carenza di fondi. A complicare la situazione i periodici furti di tubature, reti metalliche dai box sanitari e persino acqua e le ciotole dei cani. Il bottino dei furfanti include anche il generatore elettrico e le tettoie utilizzate per ombreggiare i box. Bisogna tener conto, poi, che la struttura risale alla fine degli anni ’90 (circa 12 anni fa) e necessita di alcuni importanti interventi di ristrutturazione sulle aree perimetrali e su alcuni muri interessati da vistose e pericolose crepe che minacciano la sicurezza del rifugio. Al danno la beffa: il rifugio è anche vittima di atti vandalici perpetrati dai soliti ignoti che lanciano bottiglie di vetro sulle cucce dei cani rischiando di ferire loro e chi se ne prende cura.Amorevolmente i volontari si occupano già di trenta cani (il numero massimo di posti disponibili) la cui età media coincide con quella della struttura a dimostrazione di come la volontà e la serietà di un piccolo gruppo di persone possa essere così preziosa ed efficiente. L’urgenza attuale quindi è quella di poter ospitare ancora più animali e l’intervento non è poi così impossibile visto che il rifugio occupa la metà di un campo comunale, in passato destinato alla raccolta delle acque reflue, mentre l’altra metà è in stato di totale abbandono.L’indifferenza, i ritardi burocratici, il vandalismo e la scarsa coscienza civica sono le piaghe principali con cui queste donne e questi uomini devono fare i conti, ferite cancerose che ogni giorno possono annullare quanto di buono faticosamente realizzato. L’augurio è che istituzioni e cittadinanza escano dal proprio torpore e garantiscano il diritto ad una vita dignitosa anche per gli animali.




Ina Macina

Marta Pierro

Pet-food: conservanti sintetici per solleticare l’appetito

Etossi-diidro-trimetilchinolina, idrossianisolo butilato e idrossitoluene butilato a “pranzo”


Bari, 13 giugno – Risalgono agli anni ’90 i primi scandali alimentari legati al settore dell’allevamento, a partire dalla “mucca pazza”, passando per “l’influenza aviaria” e concludendosi con la più recente “febbre suina”, nessuna specie da allevamento è riuscita a sottrarsi ad epidemie causate da un utilizzo scorretto di mangimi la cui composizione, anche per gli animali erbivori, conteneva farine di carni.

Lo stesso discorso deve essere fatto per cani e gatti. Negli ultimi anni, veterinari olistici e nutrizionisti per animali hanno concluso che molti dei problemi di salute di oggi, dalle allergie al cancro, persino problemi comportamentali, possono trarre la loro origine da una alimentazione povera e sbagliata.

Dai dati contenuti nel libro Fido non si fida, come difendersi da scatoletta pazza redatto da Stefano Apuzzo emerge che, sebbene le farine di carne sono tra le principali indiziate della diffusione del morbo di BSE ( “mucca pazza”) e furono vietate nel 1994 per l’alimentazione dei ruminanti, continuano ad essere impiegate oggi negli alimenti di polli, conigli, maiali, pesci e costituiscono uno degli ingredienti dei pet-food.

Per di più, i mangimi industriali per cani e gatti contengono coloranti, additivi, antiossidanti e conservanti che, pur consentiti dall’Unione Europea, sono dannosi alla salute degli animali.

Un cane di peso e taglia medio/grande, sui 30 chili, può arrivare ad ingerire con la sua dieta circa 6 chili di additivi chimici l’anno. A scandalizzare il fatto che l’aggiunta di questi additivi non è indispensabile, serve solo a migliorare il gusto, la stabilità, le caratteristiche e l’aspetto del cibo in modo da commercializzarlo meglio. Gli emulsionanti evitano che l’acqua ed il grasso si separino, gli antiossidanti impediscono al grasso di diventare rancido, e i colori e i sapori artificiali rendono il prodotto più attraente per i consumatori o più appetibile per i quattro zampe.
Tra i conservanti sintetici quelli più diffusi e pericolosi sono: l’etossi-diidro-trimetilchinolina, l’idrossianisolo butilato e l’idrossitoluene butilato.
L’ingestione di queste sostanze può causare agli animali cancro ai reni, alla vescica ed allo stomaco e disfunzioni al fegato ed ai reni, tanto da essere vietate nella maggior parte dei paesi europei.
Molti produttori di pet-food statunitensi però continuano ad utilizzarle come conservanti nei cibi. La legge americana consente di aggiungere ai mangimi i conservanti e di non riportarli in etichetta: i produttori, infatti, sono tenuti ad elencare solo ciò che essi stessi mettono nel mangime, ma se acquistano un ingrediente da un fornitore che ha già provveduto all’aggiunta non sono tenuti a farlo.
Inutile sottolineare che in questo modo le multinazionali riescono ad arrivare con i loro prodotti in maniera legale anche sul vecchio continente, con “etichette-truffa” che garantiscono dell’affidabilità del prodotto mentre cani e gatti si leccano i baffi scodinzolanti.

Marta Pierro

Ancora avvelenamenti e atrocità in tutta Italia

09 giugno 2009 Continua, nel più totale disprezzo della vita di esseri indifesi, lo sterminio di cani. Vigliaccamente avvelenati per affrontare il crescente problema del randagismo e del sovrannumero nei canili, con la ormai sempre più diffusa tecnica della “giustizia personale”, della soluzione fai-da-tè che non porta e non porterà mai a nulla di risolutivo. Dopo i tragici episodi di Conversano di qualche settimana fa anche nel ragusano vengono ritrovati undici cani morti, quasi certamente avvelenati, perché appartenenti ad un canile temporaneo di Vittoria, in provincia di Ragusa, allestito dal Signor Mangione da alcuni anni, dove il comune circa un mese fa era riuscito a realizzare una recinzione. Vari problemi a livello amministrativo hanno bloccato le autorizzazioni per la creazione di un vero e proprio canile, facendo crescere al contempo l’intolleranza verso il fenomeno del randagismo e le paure legate a notizie di cani pericolosi in giro per le città.



Ancor più grave la strage verificatasi al canile comunale di Bagnaia, nel viterbese, dove circa una settimana fa, con l’avvelenamento di una giovane femmina di Pastore Alsaziano, si è giunti a quota sessanta deceduti. Per tutti stessa fine tra atroci sofferenze, come testimoniano i referti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, che rilevano come le sostanze siano sempre le stesse, ovvero fosfuro di zinco, metaldeide e endosulfan/alfa. L’amministrazione comunale a cui la magistratura ha affidato il canile non prende posizione, neanche costituendosi parte civile contro questo massacro, come fanno notare gli animalisti di Amici Animali Onlus, che seguono e conoscono uno per uno queste povere bestie.

Tornando nella nostra puglia dobbiamo testimoniare dell’agghiacciante scoperta di Torre Santa Susanna, dei recentissimi ritrovamenti nel centro cittadino di carogne di cani ferocemente uccisi dalla mano dell’uomo, ma in questo caso a cuasa di violente sassate. Vere e proprie esecuzioni che lasciano il povero corpo della vittima esanime, con la testa fracassata, in un lago di sangue. I carabinieri hanno attivato accurate indagini tese a scoprire gli autori di questi atti di gratuita feroce violenza. L’allarme e la preoccupazione nella popolazione locale intanto cresce, facendo scemare l’effettiva collaborazione con le forze dell’ordine. Il dubbio, infatti, che tiene tutte le bocche cucite, secondo alcune voci, è quello che nelle ore notturne vi siano coppie di giovani a bordo di motorini, con tanto di casco per rendersi irriconoscibili, che praticano il macabro sport del tiro a segno in corsa. A difesa dei poveri cani malcapitati si stanno però muovendo alcune associazioni animaliste, avviando turni di ronde anonime per le strade cittadine e nelle periferie del paese.

“Randagi vittime sacrificali, troppo esposti alle perverse crudeltà di uomini sempre più malvagi” commenta Mimmo Passaro, Coordinatore della Regione Puglia della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, “le segnalazioni si moltiplicano quotidianamente in misura tale che, per gli operatori animalisti e protezionisti, non vi è tempo sufficiente per assimilare i fatti..., figuriamoci per riuscire ad intraprendere una qualche azione d'indagine che porti a risultati concreti per provare il reato e scovare il reo delinquente. Molte le omertà da parte dei cittadini denuncianti le atrocità nei confronti degli animali e moltissime le reticenze che rendono impossibile eseguire delle indagini effettivamente funzionali all’ individuazione dei colpevoli per assicurarli alla giustizia.”

Situazioni poco incoraggianti, ma tutte possono essere combattute con una partecipazione civile vigile e attiva, con la nostra forza. Tutti i cittadini possono e devono segnalare questi episodi ed i responsabili in maniera tempestiva “perché questi”, aggiunge Mimmo Passaro, “come i casi di avvelenamento, oltre ad essere degli attentati alla sicurezza pubblica, che vogliono colpire gatti cani o uccelli, sono in realtà un danno, un attentato alla natura tutta, al nostro ambiente”.

Perché il dilagare di questi fenomeni non comprometta il rispetto per la vita, soprattutto per le generazioni future, occorre un’attenta educazione, ma anche la ferma denuncia di ciò che non funziona.

Claudio D’Arconte

Sperimentazione sugli animali per trovare il “sapore” migliore

Cani e gatti nei laboratori testano i prodotti alimentari da immettere sul mercato: un business da milioni di dollari senza “cuore”

Bari, 08 giugno - In Europa per nutrire gli animali d'affezione viene speso oltre 1 milione di euro l'anno, negli Usa la spesa annua per il pet food raggiunge gli 11 miliardi. Di certo, le compagnie produttrici non possono lamentarsi dei loro fatturati considerato che la percentuale di crescita annua delle vendite, si aggira, in zona euro, fra il 5 e l'8%.
Il paradosso che anima questo settore merceologico si concretizza nello sperimentare i propri prodotti proprio sui cani e gatti. Scatolette in bella vista con cuccioli e cani scattanti nei supermercati in realtà nascondono la sofferenza di vittime senza padrone che nessuno ha difeso.
In Italia, l’unica azienda ad avere permessi per la ricerca è la Friskies, (aut.Min. n. 508 del 12/12/97) che nei suoi laboratori di Bertiolo, in provincia di Udine, compie esperimenti anche cruenti. E se la normativa (legge 27 gennaio 1992, n.116) nel belpaese ha cercato di tamponare i casi in cui autorizzare le sperimentazione sugli animali al settore farmaceutico, ambientale e medico, le aziende in questione superano le limitazioni legislative (che non consentirebbero le sperimentazioni sugli animali per testarne gli alimenti) importando dagli Stati Uniti (dove solo la Friskies ha altri 2 centri di ricerca), Inghilterra e Francia.
Altro espediente utilizzato dalla Nestlé o la Procter & Gamble, proprietarie dei marchi più famosi e venduti, è quello di commissionare a laboratori esterni la sperimentazione.
Il caso più noto giunto alla cronaca nel lontano 2003 riguarda la Dayton, società che opera per conto della Iams nell’Ohio. Un video realizzato da un responsabile dalla PETA (People for ethical treatment of animals), che era riuscito a lavorare sotto copertura presso questo stabilimento, mostra cani e gatti detenuti in condizioni disumane. Ai primi sono state recise le corde vocali, tutti presentano infezioni a occhi e orecchie, piaghe sul corpo e sulle zampe a causa dei pavimenti a sbarre delle gabbie, minuscole e sporche, su cui sono costretti a mantenersi in equilibrio.
L’inutilità di questi test sugli animali è confermata dalla possibilità di verificare appetibilità e digeribilità tramite indagini di mercato presso campioni di clienti e rifugi per animali randagi.
La Arovit, produttore di cibo per animali reperibile nelle più importanti catene della grande distribuzione, utilizza questo metodo e la casa madre conduce in Danimarca i cosiddetti in home test: 300 possessori di cani e gatti somministrano all’animale un mangime prodotto dalla Arovit ed uno di altra marca, osservano le preferenze dei “quattro zampe” e quindi compilano una scheda di valutazione. Nei programmi della Arovit anche il lancio di una linea biologica.
Il rispetto della vita animale dovrebbe essere la mission di un’azienda che sugli animali basa il proprio mercato e non uno sfruttamento unilaterale.


Marta Pierro

sabato 6 giugno 2009

Campagna di promozione per la sterilizzazione

STERILIZZARE IL TUO AMICO A 4 ZAMPE PUO' EVITARE 70.000 NUOVI RANDAGI

PER QUANTO POSSA SEMBRARTI INCREDIBILE, E' QUESTO IL NUMERO DI

DISCENDENTI CHE UN GATTO O UN CANE E' IN GRADO DI METTERE IN

CIRCOLAZIONE IN SOLI SEI ANNI ANCHE SE AMI GLI ANIMALI, NON POTRAI

MAI PROVVEDERE A UNA FAMIGLIA COSI' NUMEROSA.

ATTIVATI!



RENDITI UTILE PARTECIPANDO SINGOLARMENTE AD UN SERVIZIO SOCIALE,

NON ASPETTARE CHE SIANO GLI "ALTRI" AD AFFRONTARE IL GIGANTESCO FENOMENO DEL

RANDAGISMO - SPECIALMENTE NEL MEZZOGIORNO D'ITALIA - : FAI STERILIZZARE LA TUA

CAGNA GRAVIDA O SEGNALA UNA CAGNA DA STERILIZZARE AI VETERINARI DELLA A.S.L.

PIU' VICINA, O AD UN VETERINARIO LIBERO PROFESSIONISTA DELLA TUA CITTA' O ALLA

ASSOCIAZIONE ANIMALISTA PIU' PROSSIMA.





con il patrocinio del Comitato di coordinamento LNDC della Regione Puglia

mercoledì 3 giugno 2009

RECRUDESCENZA DELL' ABBANDONO

Incremento del fenomeno "randagismo"

Con l'inizio dell'estate si verifica immancabilmente una recrudescenza della pratica dell'abbandono del cane, da parte di numerosi proprietari gretti ed ignoranti. La solita maledetta storia che diventa una condanna per l'animale abbandonato e va ad incrementare il numero già notevole di randagi per le città e le campagne.



La fine per il cane è ineluttabile, sarà un lungo calvario: soffrirà prima la sete, poi la fame, poi ne potrà morire per gli stenti. Qualcuno più fortunato sarà raggiunto più presto dalla morte, sarà investito sull'asfalto (talvolta sarà causa anche di gravi incidenti che coinvolgeranno gli umani).Il cane che viene portato lontano dal centro abitato, dopo aver corso tanti chilometri nella vana speranza di raggiungere il padrone "vigliacco", per la prima volta completamente solo, abbandonato a se stesso in un luogo sconosciuto, vagherà senza meta. Poi, ecco i morsi di una fame impietosa che cominciano a dilaniargli i visceri, e di una sete che il sole martellante renderà ancora più insopportabile sul suo corpo sempre più esile e disidratato.Poi nella disperata ricerca di cibo e conforto, troverà l'amara delusione da uomini senza cuore che, spesso impauriti senza motivo, lo scacceranno bastonandolo o lanciandogli delle pietre o sparandogli. Non è raro trovare cani con una zampa maciullata da un colpo di spranga o da una fucilata.Verrà per lui lo sconforto, rassegnato, si accuccerà in uno sperduto angolo e si lascerà morire. Altri concluderanno la loro triste esistenza nello strazio interminabile, dovuto all'ingestione di bocconi avvelenati preparati dalla mente perversa e diabolica che solo i suoi amici "umani" sanno progettare.Infine qualcuno di loro avrà la fortuna di trovare l'anima buona che occasionalmente lo disseterà o gli darà qualcosa per spezzare i morsi della fame, ma immancabilmente incapperà nella segnalazione alle forze dell'ordine del solito cittadino paranoico, che è stato disturbato dalla sua presenza, e si troverà ad essere accalappiato - spesso brutalmente - per finire i suoi giorni in una gabbia.Mi sembra opportuno e doveroso però far sapere a chiunque stia progettando di abbandonare un animale a quali seri problemi va incontro, ai sensi della Legge 20 luglio 2004, n. 189 e specificatamente ai sensi dell'art. 727 del codice penale:

CHIUNQUE ABBANDONA ANIMALI DOMESTICI O CHE ABBIANO ACQUISITO ABITUDINI DELLA CATTIVITA' E' PUNITO CON L'ARRESTO FINO AD UN ANNO O CON L'AMMENDA DA 1.000 A 10.000 EURO.ALLA STESSA PENA SOGGIACE CHIUNQUE DETIENE ANIMALI IN CONDIZIONI INCOMPATIBILI CON LA LORO NATURA, E PRODUTTIVE DI GRANDI SOFFERENZE".



Mimmo Passaro

Coordinatore Regione Puglia della

Lega Nazionale per la Difesa del Cane

Il triste primato pugliese: maglia nera nella lotta al randagismo

Si stimano approssimativamente in 70mila i randagi pugliesi ma il numero di difficile rilevazione potrebbe essere in realtà molto più elevato e intanto cresce la “cinofobia”.





Bari, 03 giugno – Le fonti ufficiali diramate dal Ministero della Salute parlano di una popolazione di randagi composta da 70mila unità in Puglia. I dati in realtà risalgono al 2006 e, considerando che approssimativamente nascono circa 50mila cuccioli ogni anno, di cui mediamente 35mila muoiono prematuramente, i restanti 15.000 vanno ad incrementare quelli liberi e randagi. Questo trend di crescita e le recenti notizie di cronaca non fanno che accrescere nella gente una cinofobia esagerata ed estremizzata. Non mancano, poi, gli speculatori che inventano di essere stati assaliti dai cani o di aver avuto un incidente a causa dei cani per ottenere risarcimenti dalle aziende sanitarie locali e comuni. I due enti, secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, vengono considerati i responsabili davanti al giudice civile (e quindi tenuti al risarcimento) ogni volta che capitano incidenti alle persone causati da cani randagi. L’assessore alla Salute della Regione Puglia, Tommaso Fiore, ha sottolineato come la normativa vigente (legge n. 281/91 14 “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” ed il suo recepimento da parte della Regione Puglia con la legge regionale n. 12/95 “Interventi per la tutela di animali di affezione e prevenzione del randagismo”) abbia cercato di arginare il fenomeno del randagismo introducendo l’obbligo per ciascun comune di possedere un canile sanitario dove tenere sotto osservazione i randagi temporaneamente ed un rifugio dove invece ospitarli definitivamente. 780 mila euro stanziati che però si sono mostrati subito insufficienti a causa del continuo esaurirsi dei posti disponibili nei rifugi. L’istituzione dell’anagrafe canina, la sterilizzazione chirurgica da parte dei servizi veterinari delle Asl per tutti i randagi presenti sul territorio; il vincolo per le strutture di ricovero sia pubbliche che private di rispettare una capienza massima di 200 posti ed in ultimo, la possibilità dei sindaci di liberare nel territorio i cani catturati dopo aver effettuato gli interventi di sterilizzazione e trattamenti di profilassi, sono stati i passi successivi che la Regione ha tentato per arginare il problema. Il consigliere regionale Carlo Laurora, presidente della Commissione d’indagine sul randagismo, da parte sua sostiene l’urgenza dei Comuni di attuare convenzioni con veterinari professionisti per garantire una pronta risoluzione del problema citando il buon esempio dell’attività svolta dal Comune di Barletta dove in circa quattro anni sono state effettuate 1800 sterilizzazioni grazie ad una incisiva sinergia tra Comune ed Asl. L’intervento del legislatore ha però bisogno di essere supportato dal senso civico della gente ed il timore che l’arrivo dell’estate produca “nuovi randagi” è una triste certezza da combattere.





Marta Pierro

La Battaglia di Cicerale non è finita!

Abbiamo tutti applaudito alla chiusura del maledetto
canile di CICERALE, e non si può che essere felici e ringraziare chi ha
determinato questa vittoria di civiltà, ma......le sofferenze di quelle sventurate
creature non sono finite anzi se fosse possibile sono aumentate !!!!



da oltre 20 giorni il sig. cafasso ha licenziato gli operai che li accudivano......non è
stato nominato un tutore giudiziale e pertanto lo stesso cafasso e l'eccellente
asl salerno 3 restano i tutori dei cani superstiti che sono 600 circa, ora
queste creature si comprende che sono abbandonate a se stesse, nessuno si occupa
di loro, non lo facevano in tempi di pace figuriamoci ora, ve lo immaginate
il signore in questione che ogni giorno porta de mangiare e da bere ai suoi
amati cani ora che sa che la festa è finita ???, quel canile non è dotato di
acqua corrente esiste una cisterna che veniva riempita al bisogno, pensate che
qualcuno lo abbia fatto ???le associazioni non possono più entrare da tempo
e quindi nessuno sa cosa succede in quell'inferno, ma immaginarlo è facile.
Non c'è tempo da perdere se si vuole davvero salvare quei cani, bisogna
che la struttura venga affidata ad una associazione che la conduca alla
chiusura definitiva, altrimenti sapete perchè chiuderà perchè i cani moriranno di
fame di sete e perchè si ammazzeranno tra loro e la loro morte sarà lenta estraziante così come è stata la loro vita !!!!
>io ne ho 5 dei cani di quello schifo, li ho portati via di lì più non
potevo fare, e non riesco a non pensare che non ho fatto niente per tanti altri,
non li ho scelti ho chiesto i peggiori i più brutti e malconci, ma mi hanno
dato delle creature stupende ,oggi sono felici e di una dolcezza infinita, ma
le ferite delle torture subite le portano ancora sul corpo e nella mente, lo
sapete che ancora oggi con il cibo che trabocca dalle ciotole litigano per
paura di non riuscire a mangiare ?? Vi prego riflettete a cicerale ci
sono ancora 600 disperati che stanno morendo tra atroci sofferenze.

Mariangela La Volpe

Lega nazionale per la difesa del cane puglia